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"Dare voce allo sport di base". Parlano le società sportive

“Non vorremmo essere famosi perché siamo un’eccezione, vorremmo essere la normalità”. E’ questa la richiesta che il 3 marzo a Roma lancerà alle istituzioni Gianluca Di Girolami, presidente della Asd Liberi Nantes di Roma, affiliata Uisp, nell’ambito dell'Incontro nazionale delle società sportive “Dare voce allo sport di base”. Touch rugby e calcio. E i protagonisti in campo sono rifugiati politici richiedenti asilo. In media 120 in un anno. La loro casa è a Pietralata, campo XXV aprile. La famiglia? I volontari. Un pasto caldo, un letto, e un diritto, quello allo sport, sono i servizi che assicurano. “Le istituzioni dovrebbero sostenere queste esperienze – continua Di Girolami – devono garantire un diritto umano, quello allo sport, riconosciuto tale nel 1978 dall’Unesco e nel 1989 dalla carta dei diritti dell’infanzia. La difficoltà più grande sta nel non ritrovare, fatte salve le attestazioni di stima, dentro le istituzione una sponda tale che consenta a questa realtà di uscire dall’eccezionalità e diventare la normalità”.

"Le società sportive sono dentro i processi della crisi economica. Chiunque subisce gli effetti della crisi. La nostra società sportiva nasce con un target tale per cui le problematiche derivanti sono particolari rispetto alle classiche società. Noi ci rivolgiamo ad un’utenza che non può darci nulla in cambio, nemmeno la quota sociale. Nasciamo sulla base di un forte impegno sociale volontaristico che fa della garanzia del diritto allo sport la propria mission, favorendo le condizioni per l’accesso. Partiamo già da una condizione di svantaggio. Ciò non toglie che gli aspetti della crisi si siano fatti sentire su un triplice fronte: il primo è che i provvedimenti del ministro Maroni e del governo Berlusconi, che rimandano indietro i rifugiati, hanno avuto un’onda lunga che ha comportato poi una riduzione dei richiedenti asilo in Italia. E non perché ce ne siano meno ma perché vengono bloccati in mare. Quindi, per noi, è chiaro, c’è stata una riduzione progressiva delle persone con cui facciamo attività. A questo si aggiunge il secondo aspetto: la crisi e i tagli hanno colpito anche le strutture d’accoglienza, tutte. Noi non siamo una struttura d’accoglienza ufficiale ma abbiamo diversi rapporti con quelle che lo sono e le difficoltà sono nel mantenerle in vita e nella loro gestione. Se un centro ha difficoltà a rimanere aperto, a somministrare pasti, gestire attività, alla fine riduce la qualità e la quantità dei servizi. La crisi colpisce quindi anche gli assistiti. E lo sport. Per farlo devono esserci le condizioni. Se si riducono i servizi, anche le attività considerate secondarie ma che secondarie non sono, come lo sport, vengono compromesse dal quadro complessivo. Registriamo una maggiore difficoltà ad allenarsi ed una riduzione del numero dei praticanti. I nostri ragazzi, immigrati, che faticosamente avevano avviato un processo occupazionale lo hanno visto interrompere. Allora, sono disposti a tutto, disponibili a qualsiasi lavoro. E in attesa di stabilità come fai a fare sport? Alcuni lavorano dentro la stadio, vendono le bibite, ma non sanno i giorni, orari. Come possono organizzarsi per gli allenamenti? La precarietà del lavoro, quindi, si riflette anche nella possibilità di fare sport".
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Campogalliano, Modena. L’associazione omonima guidata dal presidente Giorgio Baroni è una fucina di proposte, un concentrato di impianti sportivi. Tredici attività. Calcio, basket, volley, ginnastica artistica, judo, le più gettonate. Poi, una scuola d’avviamento per i più piccoli e corsi che “più che lo sport, mettono al centro il movimento” – spiega Baroni – come la ginnastica dolce per anziani, lo yoga e il free style”. C’è l’atletica e non manca la pesca sportiva sulle sponde del lago, pratica, quest’ultima, scelta soprattutto dai pensionati. Bocce, motocross, automodellismo fanno il resto. Insomma, ce n’è per tutti i gusti, per tutti i soci: ben 1200. “Ben oltre 650 sono quelli che - precisa il presidente della Campogalliano - praticano sport in maniera assidua, almeno tre volte a settimana”.

In tempi di crisi economica, quali difficoltà state incontrando?
“Le difficoltà nascono su due versanti. Il primo deriva dalle problematiche ai bilanci dei comuni che si ripercuotono inevitabilmente anche sullo sport, così come lo vogliamo fare noi, e cioè quello che significa formazione, aggregazione, pratica associativa e non risultato fine a se stesso. Il secondo problema è provvedere ad una costante manutenzione degli impianti. Anche le continue leggi sulla messa a norma di sicurezza e omologazione per noi significano spese. Devo dire però che siamo fortunati perché il nostro Comune crede nello sport come strumento di coesione e ci dà il suo contributo, ma con la mole di impianti che abbiamo da gestire non riusciamo a pagarci nemmeno le utenze come gas, acqua, luce”.

"Il valore dello sportpertutti non può essere lasciato in mano al privato: o si trova il mix corretto tra valori dello sport e gestione oppure lo escludo. Gli impianti possono essere messi a reddito, ma ne pagherebbe le conseguenze il valore sociale dell’attività che svolgiamo. L’intervento pubblico nello sport è indispensabile e necessario, non è un lusso che ci possiamo permettere quello di cederlo”.

Qual è la proposta che arriverà alla manifestazione nazionale delle società sportive?
“Bisognerebbe riuscire a dare più visibilità e riconoscimento agli enti come la Uisp che sono il vero motore dello sport in Italia. Non è quello della tv. Noi non facciamo telespettatori facciamo protagonisti dello sport. Speriamo che la riforma del Coni possa aiutarci a raggiungere anche questo risultato”. (L.B.)
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